mercoledì 5 maggio 2010

La Repubblica, 12 Aprile 2009, articolo di Carla Brunetto

Dal testo di Don Cosimo Scordato, catalogo "AcquaFuoco" 2009

Accostandoci adesso alle singole opere, colpisce il loro linguaggio immediato. Tiziana Viola Massa possiede bene l’arte del colore e le diverse figure sono modulazioni di esso. La sua esegesi attenta del testo biblico non trascura quei riferimenti che in qualche modo lo rendano leggibile fin dal primo sguardo; ma questo non le basta; comincia a scavare lentamente nei vari aspetti dell’avve-nimento, per tentare di portare alla luce la sua verità più profonda, almeno come è percepita dalla sua sensibilità umana e religiosa.
La Creazione e la Separazione delle acque (primo dittico, lato destro) si caratterizza per l’afflato che anima l’acqua dall’interno; essa custodisce in sé il duplice principio maschile e femminile, carico di tutte le potenzialità, muovendoli l’uno verso l’altro. Le acque del cielo e quelle della terra hanno in comune la stessa vitalità e lo stesso movimento, nella vicinanza tra cielo e terra, tra il mondo della idealità ed il mondo della concretezza; seppure distinte da una leggera traccia di colore rosso, esse vengono alla luce dal gioco bello del soffio plasmatore di Dio, che “aleggia sulle acque”.
L’Arca di Noè (secondo dittico, lato sinistro) prospetta il momento in cui il ritrarsi delle acque fa apparire sullo sfondo l’arca; sul mare restano i segni di uno sconvolgimento che ha qualcosa di apocalittico; non sembra che lo sguardo della pittrice sia rivolto al passato, piuttosto sembra preoccupato di qualcosa che inquina il flusso delle acque, toccate da un degrado ambientale e storico, che ha assunto misure sproporzionate. L’arca, ormai ridotta allo scheletro della sua struttura, incede faticosamente sulla cresta dell’onda; infatti, la colomba, al centro della scena, costruita con la carta, annunzia che la parola data da Dio si compie, nonostante tutti i disastri; il ramoscello dell’ulivo, nella sua pochezza, dà forma leggera alla quiete che si va avvicinando. La scena vive del contrasto tra le acque che vanno perdendo la loro forza nello spumeggiare della cresta e l’arca, che, ridotta all’essenziale della fede e della speranza in Dio, quasi corpo scarnificato, è riuscita a vincere sui flutti della tempesta.
Il Passaggio del Mar Rosso (terzo trittico, lato destro) si caratterizza per il duplice tema delle acque e del popolo in cammino. Le acque, come braccia che si allargano, si dispiegano al passaggio del popolo liberato; non presentano alcun aspetto minaccioso, piuttosto è come se un vento le avesse aperte per consentire un sereno passaggio. Una lunga schiera di persone, che si perdono in avanti, procede camminando sul letto del mare: sorpresa e meraviglia sono scolpite sui loro volti, sollecitando gesti di commozione e di solidarietà. Il tema della liberazione dalla schiavitù di Egitto si prestava, però, a essere ricompreso come metafora di ogni liberazione; così, in primo piano vediamo scorrere diverse figure del nostro tempo; l’artista non le ha scelte a caso, piuttosto le ha attentamente selezionate come rappresentanti dei diversi aspetti del processo di liberazione: dalla malattia (la coppia Cury), dal bisogno (madre Teresa di Calcutta, che porta sulla spalle Anna Frank), dalla violenza (Gandhi con un sorriso che annunzia pace), dal conformismo (con allusione alle denuncie del regista e poeta Pier Paolo Pasolini), da tutte le alienazioni (e non solo quelle psichiche, denunziate da Freud). L’esodo biblico diventa spazio di riconciliazione con la modernità e le sue benefiche acquisizioni, invitando a convogliare sulla stessa strada il contributo (culturale, sociale, scientifico...) di ogni persona di buona volontà....."

ARTICOLO "DALL'ACQUA AL FUOCO" DI FRANCESCO M. SCORSONE

Dall'articolo su CnTn del 14 Giugno 2009 di Francesco M. Scorsone:
"...Ho seguito per certi versi questo lavoro di Tiziana perché più volte me ne ha parlato in varie occasioni e nei giorni scorsi quando mi sono recato presso la Chiesa di San Gabriele per vedere questi lavori sono rimasto favorevolmente impressionato sia per la capacità di sintesi dell’artista presente nelle diverse “tavole” sia per la maestosità e maestria di tutti i lavori, alcuni dei quali superano in altezza abbondantemente i quattro metri. Tiziana Viola affronta con il piglio del maestro le tele, aggredendole per sottolineare -attraverso la pittura - la drammaticità degli eventi che hanno dato vita ad una delle religioni che, con l’avvento del cristianesimo, ha predicato la misericordia e, soprattutto, ha reso più inclini al perdono. Più volte abbiamo sentito dal nostro Pastore romano parole invitanti alla tolleranza e alla fratellanza dei popoli, qualunque sia la razza o la religione.Il misticismo, la solidarietà e la disperazione di un popolo che attraversa il mar Rosso in fuga dall’Egitto, offrono allo spettatore, entrando a San Gabriele, un panorama di personaggi che a prima vista sembrano decodificati ma nei quali sono contenuti tutta l’amarezza, la persecuzione, le ingiustizie sociali e culturali presenti nella società contemporanea oggi come allora. Una lunga fila di anime viaggia verso la salvezza (forse la terra promessa). Volti noti sembrano emergere dall’anonimato della folla: Freud, Madre Teresa di Calcutta, Gandhi, Marie Curie. È una società in movimento, variegata, sinonimo di caratterizzazioni diverse, di strutture gerarchiche che spesso determinano sopraffazioni di carattere sociale, politico e ideologico, e l’artista non si sottrae a questo gioco delle parti e in qualche caso scende in campo. La vediamo apparire, sia pure sotto spoglie diverse, in atto di ringraziamento ne La moltiplicazione dei pani e la intravediamo ai piedi di Gesù nell’opera Pane di vita. Ma il dittico che mi affascina e mi sorprende è L’Arca di Noè.
L’artista è riuscita a rendere la drammaticità degli eventi: la furia delle onde che trascinano l’Arca ha un non so ché di apocalittico e, mentre fuori infuria la distruzione annunciata dal Signore, nell’arca si compie, per effetto della sopravvivenza di altri animali e della stessa famiglia di Noè, il sacrificio di alcuni animali i cui effetti avvertiamo attraverso la scolatura rossa, simbolo del sangue sacrificale. Questo mi sembra un passaggio particolarmente toccante e drammatico perché l’artista non ha voluto né, d’altronde, avrebbe potuto dimenticare che l’uomo in quanto tale ha bisogno del nutrimento. Un nutrimento che non è certo quello che l’autrice ha preannunciato per l’opera che realizzerà nell’Abside della stessa chiesa - una personalissima ultima cena - quando il progetto sarà pronto ed approvato.
Le opere realizzate da Tiziana Viola Massa sono visibili tutti i giorni ai due lati della navata centrale negli orari di apertura della Chiesa di San Gabriele Arcangelo di Palermo. Il catalogo della mostra è stato patrocinato dalla Provincia Regionale di Palermo. Testi di Don Cosimo Scordato e di Don Francesco Romano".